Come conciliare preghiera e azione nella nostra vita? Come vivere questa ineluttabile tensione che sembra esistere fra queste due dimensioni della nostra chiamata? Che spazio dare a ciascuna senza penalizzare l’altra? Per ottenere indicazioni preziose a questo riguardo, mettiamoci all’ascolto di Santa Teresa d’Ávila, grande contemplativa e donna d’azione senza eguali.
Stabilire l’obiettivo
Da buona maestra la Madre si preoccupa di ricordare continuamente lo scopo ultimo della vita spirituale e i suoi fondamenti. In merito al tema che trattiamo in questa sede occorre innanzitutto affermare che lo scopo della nostra esistenza non è né diventare persone di sola preghiera né compiere opere apostoliche straordinarie! Ciò che siamo chiamati a cercare al di sopra di tutto e in tutto è Dio stesso, la diffusione del suo regno d’amore nei nostri cuori e nel mondo.
La preghiera e l’azione non sono pertanto due realtà giustapposte che entrano in concorrenza fra loro, ma due aspetti della stessa realtà, l’unica che conta veramente: l’esercizio dell’amore, come anche la sua ricerca … Qualsiasi tempo di preghiera e qualsiasi impegno apostolico dovrebbero essere vissuti come occasioni per crescere nell’amore. Senza questa dinamica interna, preghiera e azione non avrebbero più senso. Senza questo legame che le unisce, rischiano di essere vissute come permanentemente estranee fra loro.
«Occorre che Marta e Maria si associno», ci dice Teresa di Gesù (Settima Dimora, IV). Las obras
«Ecco lo scopo dell’orazione, ecco a cosa serve questo matrimonio spirituale: suscitare opere, opere.» (Settima Dimora IV)
Il messaggio della Madre è chiarissimo! L’orazione non è fine a sé stessa. Ricordiamoci anche gli avvertimenti che rivolgeva alle suore che riteneva «incappucciate» (cfr. Quinta Dimora III), più incentrate su sé stesse e sulle delizie della loro orazione che non su un vero e proprio dono di sé. Ma stiamo attenti. La semplice esaltazione delle opere non significa per S. Teresa apprezzare in modo incondizionato l’apostolato in quanto tale e mettere in secondo piano l’orazione.
Nel linguaggio di Teresa las obras sono tutte le forme di risposta d’amore che possiamo dare alle chiamate della grazia di Dio, sia sul piano della fede, della speranza e della carità, sia sul piano del comportamento morale. Ovviamente l’attività apostolica ne fa parte, ma non in modo esclusivo: occorre infatti che questa sia mossa dalla carità. Si può quindi capire ciò che Teresa vuole affermare ad alta voce e in maniera decisa: l’orazione deve servire alla crescita e alla diffusione dell’amore. Si potrebbe dire che la Santa ci interpella anche sulla coerenza di vita …
È Teresa stessa infatti che testimonia come «l’orazione sia la porta attraverso cui penetrano nell’anima le grazie scelte» (Vita VIII, 9) – e che l’errore peggiore fatto nella sua vita è di averla abbandonata durante almeno un anno, affermando: «E, credetemi, non è lo stare a lungo in orazione a far progredire l’anima: quando si impiega una parte del tempo in buone opere, è un grande aiuto per avere assai più presto miglior disposizione ad accendersi d’amore, che in molte ore di meditazione. Ma tutto deve venire dalle mani di Dio.» (Fondazioni V) Ciò che occorre perseguire nella preghiera come anche nell’azione o più ampiamente nelle opere (obras) è di rispondere con l’amore all’amore del Signore, di compiere la sua volontà, di attingere alla fonte del suo amore nella preghiera per diffonderlo nell’agire, ma anche di attingere nell’agire una crescita nell’amore che si ripercuoterà sulla nostra vita di preghiera. In questo binomio azione-orazione l’apostolato non potrà essere interpretato soltanto come uno straripamento della vita di preghiera. Anche le opere vissute in Dio e per Dio agiscono positivamente sulla preghiera personale.
“Esercitando il suo ministero, l’apostolo cresce nella carità e torna alla sua preghiera nel segreto con un più grande amore di Dio. La carità è una sola e cresce passo dopo passo con atti d’amore verso Dio e verso il prossimo.” (…) La perfezione procede quindi “in modo circolare: dall’orazione e dagli esercizi spirituali all’aiuto dato al prossimo e da lì all’entrata in una orazione più perfetta in vista di aiutare il prossimo.” Questo cerchio «dovrà continuare a restringersi finché le due componenti – l’orazione e l’azione – si compenetrino in un’armonia perfetta, trionfo supremo della grazia nell’uomo la cui azione è pienamente sottomessa all’azione divina”. (Agir dans l’Esprit, p. 324-328)
Umile realismo
Che cosa fare quindi in attesa di quest’armonia perfetta fra preghiera e azione, così tanto auspicabile? È sufficiente stabilire l’obiettivo e prendere come bussola l’amore che le unisce? La chiave di volta sembra essere in questo caso un umile realismo. Nella nostra vita quotidiana è infatti importante accordare il giusto spazio a ognuno di questi due aspetti. Ma come definire questo giusto spazio? In questo caso il punto di riferimento è semplice e alla portata di tutti: il dovere di stato.
«Una volta risolto il problema della nostra vocazione e quindi dei nostri doveri di stato, ogni discussione sul valore intrinseco di un determinato atto, sull’eccellenza della contemplazione o dell’azione diventa inutile. La vocazione ci inserisce in un ordine relativo che essa ci impone e che pertanto diventa per noi la cosa migliore. Gli atti che essa impone diventano per noi quelli più santificanti. I doveri di stato che essa crea sono per noi l’unico cammino di santità (…) Ahimè quanti scarti, quanti sprechi di tempo e di forze derivano da luci false su questo punto o quanti errori di prospettiva.» (Voglio vedere Dio, p. 379-380). In altre parole significa dare alla preghiera e all’azione il posto che spetta loro nella nostra vocazione, secondo gli impegni che abbiamo preso. Non deviare da questo cammino… Non ridurre l’energia e il tempo dato alla preghiera, e fare lo stesso per quanto riguarda le opere da compiere. E tutto questo con uno sguardo di umile lucidità su se stessi, sapendo riconoscere le proprie mancanze, le proprie infedeltà, senza rivestirle falsamente di virtù o di generosità. E sapersi rialzare tutte le volte che è necessario.
Per concludere: qualunque siano le tensioni e le sollecitazioni a cui ci espone la nostra vita mista (contemplativa e attiva), non perdiamo mai di vista la bellezza e la ricchezza di una tale chiamata e chiediamo alla Madre di intercedere per noi e di condurci sulle orme di questa “donna che seppe amare”, secondo il bel titolo del libro di Pierre Lauzeral.
Una piccola scelta di citazioni…
«Quando siamo in azione, è opportuno che non trascuriamo di rivolgerci interiormente a Dio…» (Laurent de la Résurrection)
«Sarebbe grave che, dicendoci Dio chiaramente di andare a fare una cosa che gli sta a cuore, non volessimo ascoltarlo, per rimanere a contemplarlo, perché ciò risponde di più al nostro piacere. Bel modo di progredire nell’amore di Dio! Legargli le mani convinti che non ci può condurre alla perfezione per altre strade!» (Santa Teresa d’Avila, Fondazioni V)
«L’amore di Sua Maestà per noi è così grande che in cambio dell’amore che abbiamo per il nostro prossimo aumenterà in mille modi l’amore che abbiamo per Sua Maestà: non posso dubitarne.» (Santa Teresa d’Avila, Quinta Dimora III).
La citazione
«Amare è la passione di agire affinché un’anima ami Dio e sia amata da Lui.» Santa Teresa di Gesù
Per approfondireSoltanto per oggi
Libri
|
Il “Libro di Vita” è il testo fondante della spiritualità della Comunità. Puoi scaricarlo in francese qui oppure ordinarlo da Editions des Béatitudes. Il testo in italiano sarà disponibile prossimamente.