Avete già sentito dire che nella preghiera contemplativa è essenziale essere recettivi, mettere da parte la propria attività quotidiana frenetica per essere in grado di ricevere? E avete sentito in quell’istante un vago senso di frustrazione, pensando che è più facile a dirsi che a farsi?
Che cosa si intende per atteggiamento recettivo nella preghiera contemplativa? Perché è così importante? Come crescere in tal senso? È quanto vedremo in questo numero.
Alcuni aspetti antropologici
In occasione della creazione «il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gn 2,7). Da quel momento il respiro è il segno evidente della vita. Respiro senza doverci pensare secondo una cadenza che «funziona» per conto suo. Alla radice stessa della nostra vita c’è quindi un dono e se Dio ci togliesse il soffio vitale cesseremo immediatamen-te di esistere. Infatti solo la volontà amorevole del Creatore concede ad ogni creatura di essere restituita a sé stessa grazie ad ogni singolo respiro.
Prendiamo un secondo aspetto fondamentale del nostro essere creati: «Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2,18). Gli diede un aiuto, una compagna simile a lui. Siamo creati come esseri di relazione, totalmente dipendenti dagli altri. Tutti siamo nati da altri e siamo diventati adulti attraverso il dono di altri. L’uomo adulto diventa autonomo e capace a sua volta di dare la vita – ciò che implica un essere in relazione. Nessuno può vivere in modo autosufficiente e la capacità di autonomia può diventare una trappola. Siamo liberi di rompere con gli altri, di bastare a noi stessi, ripiegando nell’attivismo, nel controllo e in una presunta responsabilità personale mal compresa. Allora può diventare necessario riappropriarsi dell’atteggiamento di ricettività. Quante volte siamo bloccati o insoddisfatti dalla qualità delle nostre relazioni umane semplicemente perché crediamo di sapere tutto e di conoscere tutto dell’altro e non facciamo più lo sforzo di accoglierlo come un dono che si rinnova continuamente?
Ciò che vale per la relazione con il prossimo vale anche per la mia relazione con Dio, tanto più che in quest’ultima dipendiamo in modo più evidente dalla sua iniziativa. Se non si rivelasse, se non si offrisse, non avremmo alcuna possibilità di conoscerlo e di entrare in relazione con Lui. È Dio che ci ama per primo!
Ricettività nella preghiera contemplativa
Facciamo attenzione a non fraintende-re l’aspetto passivo che implica questo atteggiamento. Vi sono diverse tappe e periodi nella vita di preghiera. L’approfondimento della vita contem-plativa è generalmente accompagnato da una semplificazione dei metodi e da una presenza più passiva dell’orante. Ma indipendentemente dal punto in cui ci troviamo nel nostro cammino, la recettività è fondamentale. Per entrare veramente in questo «intimo rapporto di amicizia» con Dio di cui parla Teresa d’Ávila, devo tendere con tutto me stesso verso colui che mi ama.
Questo è vero tanto per chi si esercita nella preghiera vocale o mentale, quanto per chi prega nel silenzio di una semplice presenza amorosa. È lo Spirito che mi guida nella mia vita di preghiera. Per quanto mi riguarda, posso rendermi disponibile alla sua azione coltivando la recettività, atteggiamento delle mani vuote e dell’infanzia spirituale. Non è così semplice per chi è così abituato a cercare l’indipendenza, il potere e il possesso. Dobbiamo permettere all’altro di sorprenderci e nel contempo accostarlo senza pregiudizi, senza sapere tutto, senza uno scopo o un piano stabilito. Riconosciamolo, questo ci costa parecchio.
Un cammino di fiducioso abbandono si esprime attraverso la consegna delle armi, lo smettere di voler controllare tutto e l’apertura all’ignoto. Gesù ci ha avvertiti: «senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5).
Non lo dice per additarci la nostra impotenza, ma per attirarci a Lui affinché ci doni tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Come progredire?
La ricettività è iscritta nel profondo di ogni persona. Si tratta pertanto di raggiungere semplicemente ciò che abbiamo trascurato. A tal fine il nostro corpo ci offre qualche prezioso aiuto. Posso iniziare prestando attenzione al respiro o al battito del cuore percependo ciò che mi abita, ciò che mi è offerto e che mi dà la vita. Molte tecniche di raccoglimento consigliano questa semplice attenzione al ritmo della respirazione. È effettivamente un’ancora gettata nel porto sicuro di un Dio creatore unito alla sua creatura. Certi gesti di preghiera possono aiutare: aprire le mani per esprimere che non trattengo nulla, che mi dirigo verso l’altro per mettermi a sua disposizione, per ascoltare, per accogliere. Anche l’atteggiamento del mio corpo può aiutarmi: il modo di sedermi o di inginocchiarmi può esprimere apertura, interesse, rispetto, ascolto e desiderio di ricevere. A prescindere dal mio modo di pregare in questo momento, verso che cosa è orientata la mia attenzione? Prima di tutto su me stesso, sulle mie preoccupazioni e le mie gioie, sui miei progetti e i miei desideri? Il fatto è che Dio è molto educato e delicato. Là dove il mio interlocutore avrebbe interrotto rapidamente l’interminabile discorso su me stesso, il Signore mi ascolta con una pazienza imperturbabile. Lui è un esperto nella recettività. Se mi fermassi? Se osassi dare fiducia a questo Dio che mi conosce meglio di me stesso e che non ha assolutamente bisogno di lunghe spiegazioni per capire ciò che è presente nel mio cuore? Se mi interessassi un po’ a ciò che vi è nel Suo Cuore?
Che cosa succede?
Poco o nulla, o piuttosto grandi cose ma colte in modo impercettibile. Mi metto alla presenza di Dio, gli offro un tempo e uno spazio interiori: che agisca come vuole! Che continui la sua opera di Creatore e di Redentore. È possibile che possa gustare qualche cosa della sua azione, anche se non capita di frequente. Comunque sia, agisce sulla mia psiche, sulla mia volontà, sulla mia intelligenza, sui miei sensi, ossia su tutto il mio essere per trasformarlo poco per volta e renderlo di volta in volta più vivo e simile a sé stesso. La ricettività mi apre a ciò che solo Dio può fare in me e per me. Ne percepirò i frutti nella mia vita di tutti i giorni quando diventerò capace di ricevere con gratitudine e rispetto la realtà così come essa vuole offrirsi a me.
La citazione
«Il cammino di santità non passa da una rinuncia dram-matica (…) Essa può soltanto essere donata e l’unica cosa da fare è chiederla. Dal momento in cui smettiamo di concentrarci inutilmente su noi stessi, riconoscendo la nostra fragilità, il nostro bisogno, è aperta la strada per incontrare Dio e la santità di Gesù che è un dono.» Suor Ruth Burrows
Per approfondireSoltanto per oggi
Letture– Esercizi di contemplazione, Franz Jalics, Ancora, 2018 – La montée vers l’amour, Ruth Burrows, Cerf (à paraître). – Se tu conoscessi il dono di Dio. Imparare a ricevere, Jacques Philippe, EDB, 2017 VideoThe Chosen, Season 1, épisode 2 : Jésus et les enfants https://watch.angelstudios.com/thechosen/watch?vid=S1:E3 |
Dal cardinale Joseph Ratzinger
«Dal punto di vista della fede cristiana l’uomo ritrova sé stesso nel senso più profondo non tanto per ciò che fa, ma per ciò che riceve. Deve aspettare il dono dell’amore, l’amore può essere soltanto ricevuto come un dono. Non può essere “fabbricato” in proprio senza qualcun altro; occorre attenderlo, lasciare che sia donato a qualcuno. E si può diventare pienamente uomini soltanto essendo amati, lasciandosi amare (…) La priorità del [ricevere] non intende condannare l’uomo alla passività; non significa che l’uomo può ora restare con le braccia conserte (…) Al contrario soltanto essa permette di fare le cose di questo mondo con uno spirito di responsabilità, ma nello stesso tempo in modo distaccato, gioioso e libero e di metterle al servizio dell’amore redentore».
Il “Libro di Vita” è il testo fondante della spiritualità della Comunità. Puoi scaricarlo qui in italiano . La versione francese qui oppure puoi ordinarlo in francese da Editions des Béatitudes.