Un’analisi superficiale potrebbe contrapporre l’orazione alla liturgia, laddove l’orazione è piuttosto una preghiera personale – privata – che privilegia il silenzio, mentre la liturgia è una preghiera comunitaria – preghiera pubblica della Chiesa – che si vive seguendo un rito, fatto di gesti, di parole e di canti. Di fatto l’orazione e la liturgia si completano, si aiutano e si richiamano a vicenda.
Dimensione del dialogo
L’orazione e la liturgia sono caratterizzate da uno stesso dinamismo e dallo stesso scopo: la relazione e l’unione con Dio. Effettivamente «l’orazione non è altro se non un rapporto d’amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama.» (Santa Teresa d’Ávila, Vita 8). Mentre la liturgia «è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (CCC, n° 1153). Sia nell’orazione sia nella liturgia ritroviamo quindi la dimensione del dialogo che di fatto è quella della Rivelazione (cfr. Dei Verbum, n° 2). Questa dimensione, evidente nel dialogo intimo dell’orazione, è resa visibile nella liturgia attraverso le acclamazioni, il canto e la preghiera. La voce dei fedeli rappresenta lo strumento privilegiato del cuore credente che risponde a Dio, come la sposa allo Sposo, come il figlio a suo Padre. «Viene quindi la risposta, con cui la comunità radunata accoglie fa sua la parola. Questa struttura di parola e risposta, che per la liturgia è essenziale, costituisce la struttura fondamentale dell’evento rivelativo come tale, in cui parola e risposta, il discorso di Dio e l’ascolto accogliente della sposa, della Chiesa, si implicano a vicenda», scrive il futuro Papa Benedetto XVI nel suo libro Introduzio-ne allo spirito della liturgia. In quest’opera di riferimento ricorda anche che il silenzio nella liturgia è necessario a questo dialogo fra Dio e l’uomo: «Al Dio che parla noi rispondia-mo cantando e pregando, ma il mistero più grande, che va al di là di tutte le parole, ci chiama anche a tacere.» (pag. 205). Come nell’orazione anche nella liturgia, «il silenzio […] favorisce una partecipazione veramente profonda, personale, permettendoci di ascoltare interiormente la parola del Signore» (Rapporto sulla fede, pag. 151). Per questa ragione, laddove il rituale lo proponga, la sfida è quindi di dare spazio «al silenzio positivo», quello che non si identifica «con l’assenza di discorsi e di azione» o con una «semplice pausa, in cui mille pensieri e desideri ci investono» e nemmeno con «una pausa nella liturgia» (Introduzione allo spirito della liturgia, pag. 205). Questo silenzio liturgico si avvicina al silenzio dell’orazione: è caratterizzato dal raccoglimento, dalla pace interiore, da un’attenzione per l’essenziale, dal dialogo interiore con il Signore.
La liturgia: sorgente e termine di ogni preghiera
La liturgia, come partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo e come celebrazione del mistero di Cristo, è la sorgente e il termine di ogni preghiera. (cfr. CCC, n° 1073 e 2655). È questo che la rende una preghiera cristiana – il Cristo in tutti i suoi misteri ne è il centro e ci conduce al Padre. Il medesimo cristocentrismo lo ritroviamo nell’orazione carmelitana, così attenta alla santa umanità di Cristo, come cammino verso l’unione trasformante con il Dio tre volte santo.
Più concretamente i diversi elementi della liturgia, ispirati o tratti dalla Parola di Dio (letture, salmi, preghiere, inni ecc.), «rivelano […] il senso del mistero celebrato, sono di aiuto alla comprensione dei salmi e preparano alla preghiera silenziosa» (CCC, n° 1177).
Parimenti «la lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera, è così radicata nella celebrazione liturgica.» (CCC, n° 1177).
Vivere la liturgia con il cuore
Reciprocamente la qualità della nostra vita contemplativa, della nostra preghiera interiore influisce sulla maniera con cui viviamo la liturgia. Essa favorisce in effetti l’armonia fra la dimensione esteriore del rito (proclamazione della Parola, preghiere vocali, canto, gesti ecc.) e la profondità del nostro cuore. «Celebrare la liturgia delle Ore richiede […] di far concordare la voce con il cuore che prega» (CCC, n° 1176); l’orazione è proprio al servizio di questa esigenza.
L’orazione è quindi al servizio di una liturgia vissuta in spirito e verità, come il luogo dell’incontro, dell’unione con Dio e della santificazione dell’uomo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «la preghiera interiorizza ed assimila la liturgia durante e dopo la sua celebrazione» (CCC, n° 2655).
Per questa ragione l’orazione, il raccoglimento e l’attenzione alla presenza di Dio prima, durante e dopo la celebrazione liturgica, consentono di portare frutti di grazia nelle nostre vite.
Pregare continuamente
Così come il tempo dedicato all’orazione impregna progressivamente tutta la vita di uno spirito di preghiera, anche il tempo consacrato all’Eucarestia e agli uffici divini trasforma progressivamente tutta la vita in una liturgia.
Don André Louf afferma che «ogni liturgia autentica agisce come una macchia d’olio, estendendosi durante tutta la giornata per invadere tutti gli spazi disponibili nel tempo, nei luoghi e soprattutto nel cuore degli oranti. Una liturgia autentica porta sempre frutto ben oltre se stessa. Essa influenza la vita e tende a trasformarla intera-mente in liturgia incessante.»
Ciò che vale per la liturgia può valere anche per l’orazione: infatti un’orazione autentica porta sempre frutto ben oltre se stessa. Essa influenza la vita e tende a trasformarla interamente in orazione incessante.
D’altro canto, come recita Sacrosanctum Concilium, la costituzione sulla sacra liturgia del Concilio Vaticano II: «l’ufficio divino, in quanto preghiera pubblica della Chiesa, è fonte della pietà e nutrimento della preghiera personale» (n° 90).
In conclusione possiamo dire che orazione e liturgia sono intrinsecamente legate e si nutrono a vicenda.
Rendiamo grazie a Dio per la bellezza della nostra chiamata!
La citazione
«Interrompi immediatamente il lavoro non appena suona la campana per l’ufficio. Il suono della campana ti offre ogni volta un’occasione per staccarti da ciò che stai facendo. Raggiungi il coro senza esitare, ma pacificamente. In cammino rivolgiti a Dio e gioisci perché ti ha chiamato a cantare la sua gloria.» Wilfrid Stinissen
Aforisma del XX secolo
«Ecco in una qualsiasi cattedrale antica […], un venerabile capitolo di canonici intenti a recitare l’ufficio divino. Improvvisamente scoppia un violento temporale. I lampi e i tuoni si succedono e si intensificano. Un brivido percorre gli stalli e il decano del capitolo, particolarmente scosso, fa un segno con la mano e interpella i suoi confratelli: “fratelli, interrompiamo l’ufficio per pregare un attimo.”»
Questo aforisma è presentato da Don André Louf per introdurre il suo libro sulla liturgia come cammino di preghiera… Poiché all’epoca, scrive, «non vi erano soltanto i canonici a percepire con qualche difficoltà il legame fra liturgia e preghiera.» Preghiamo perché a noi non accada!
(André LOUF, L’oeuvre de Dieu, un chemin de prière, Paris, Lethielleux, 2005, p. 7-8).
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