La camera nuziale
Luogo di riposo in cui ci si ritrova con se stessi, la camera è nella tradizione monastica quel deserto in cui il monaco si ritira per ritrovare l’intimità con Dio, «che è nel segreto» (cfr. Mt 6, 6). Come membri della Comunità siamo chiamati ad approfondire in noi stessi il «monachesimo interiorizzato» e siamo quindi invitati ad alimentare questo incontro segreto in momenti e luoghi di solitudine.
Quando chiudi la porta…
Eppure quando la sera chiudiamo la porta della nostra camera dopo una giornata intensa fatta di preghiera in cappella, di lavoro, di missione o di studio, spesso ci capita di dimenticare che questo spazio intimo è anch’esso abitato da una santa presenza. Particolarmente attirato dalla solitudine lo Sposo accorre infatti incontro all’amata. Ecco perché la cura di questo luogo, la sua bellezza, la sua armonia e la sua semplicità sono un omaggio a Dio che vi abita, soprattutto se il nostro sguardo e il nostro cuore possono rivolgersi regolarmente verso un angolo di preghiera allestito con cura e amore: «inginocchiati di tanto in tanto o prostrati davanti a Dio che riempie la tua cella con tutta la sua maestà e tutto il suo amore» (Wilfrid Stinissen).
L’amato attende…
Da spazio di riposo personale la camera diventa luogo semplice in cui ritrovare Colui che è il vero riposo e il rifugio delle nostre anime. D’altronde i salmi della compieta sottolineano molto bene questa presenza divina notturna accanto al credente e la sua protezione durante il sonno: «In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.» (Sal 4, 9); e anche: «Tu che abiti al riparo dell’Altissimo e dimori all’ombra dell’On-nipotente, di’ al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido». (Sal 90,1-2). Quanto al salmo 142 egli confida nella voce del Signore che si farà sentire al risveglio: «Al mattino fammi sentire la tua grazia, poiché in te confido.» (Sal 142,8).
Che tu gli apra…
Questa camera è anche il riflesso della camera interiore: «costruisciti nel cuore una cella interiore dove puoi sempre incontrare l’Amato, anche in caso di lontananza dal monastero. Ma non fidarti della tua «cella interiore» se non dai alcuna importanza alla tua cella monastica e non ti piace rimanerci». È ciò che spinge Wilfrid Stinissen, autore di questa frase, ad affermare con un pizzico di malizia: «se hai l’abitudine di vivere in una cella in disordine, chiediti se ciò non rivela qualcosa dello stato della tua anima».
Un’antica lettura spirituale risalente ad alcuni padri della chiesa come Origene e Sant’Ambrogio ha visto nella «camera appartata dove si prega» il luogo della «cella interiore» di cui parla Gesù in Mt 6 e identificata con il cuore, luogo della dimora divina. In senso biblico il termine simboleggia il centro spirituale della persona umana, la sede della sua intelligenza, dei suoi sentimenti e della sua volontà operante: raccogliervisi per pregare significa ungere tutte le facoltà umane con la luce divina.
La camera nuziale del cuore
Sant’Efrem l’ha definita «la camera nuziale del cuore». Per «camera nuziale» si intende un luogo interiore, intimo, dove due persone sono presenti nel segreto dell’amore per donarsi l’una all’altra in un’unione consacrata. Questo riveste un carattere di intimità e di grandezza, soprattutto quando si tratta di nozze spirituali con Dio.
Questa unione nell’interiorità del cuore o dell’anima è evocata fino ai nostri giorni da tanti teologi e mistici con diversi vocaboli e immagini: da Sant’Agostino, araldo della vita interiore e affettiva dell’anima, passando da numerosi teologi mistici a Santa Teresa d’Ávila con le sette dimore del castello interiore.
Elisabetta della Trinità canta stupendamente la presenza trinitaria nell’anima: la «camera interiore» vi è spesso descritta in termini di nuzialità, di unione, di matrimonio mistico che prefigura il paradiso.
Santa Teresa d’Ávila ci dice infatti che «l’anima non è nient’altro che il paradiso di Dio». Il Cantico dei cantici, libro per eccellenza dell’incontro dell’anima con Dio, parla di questo luogo interiore come di un «giardino ben sigillato» in cui all’Amato piace venire a riposarsi e a gustarne i frutti. In ebraico il termine giardino ha la stessa radice semantica di «paradiso», in cui è trasformata l’anima di coloro che si lasciano visitare dal Giardiniere divino che non sopporta di essere separato dai suoi. Non è forse venuto per mezzo di Gesù a «montare la sua tenda» in mezzo a noi?
Proprio Gesù ha espresso questo desiderio di abitare in noi utilizzando termini che evocano la Shékina (dall’ebraico «abitare», «montare la propria tenda»): «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15, 4) o ancora: «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20).
Stupenda reciprocità di ogni folle amore: tu in me e io in te, io sono tuo e tu sei mio, tutto ciò che è mio è tuo e tutto ciò che è tuo è mio… in altri termini: la mia interiorità è la tua dimora; la tua tenda è la mia dimora; la mia camera è la tua camera e la tua camera è mia.
Conclusione
Chi avrebbe mai detto che nella sua semplicità la nostra camera, luogo di riposo e ristoro, è lo specchio del luogo in cui la nostra anima incontra Dio nell’intimità?
Il Cantico vi canta la gioia e l’ebbrezza: «Attirami dietro a te, corriamo! M’introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino. A ragione ti amano!» (Ct 1,4).
La solitudine che ci attende tutte le sere è abitata. La semplicità vi rivela quella dell’incontro senza maschere con l’Amico che non ci giudica. La sua mano raccoglie i nostri combattimenti e le eventuali nostre lacrime e il nostro sonno è benedetto dall’Amato che veglia sulla nostra felicità e che ci attende al risveglio per colmarci della sua grazia.
La citazione
«Ama la tua cella e considerala come una sorella, un luogo privilegiato dove lo Sposo ti aspetta sempre e dove ti lasci istruire da Lui nel silenzio e nella solitudine.»
Wilfrid Stinissen
Per approfondireSoltanto per oggiGuardo la mia camera con occhi nuovi: è il riflesso della mia camera interiore, luogo in cui Dio dimora in me? Che cosa posso fare per renderla più bella, più armoniosa, più accogliente per l’Amico divino presente con la sua dolcezza e la sua delicatezza e a cui piace dimorarvi con me? Letture– Cachés dans l’amour – manuel de vie carmélitaine, Wilfrid Stinissen, chapitre sur la cellule, Éditions du Carmel. – La chambre nuptiale du coeur, Approches spirituelles et questionne-ment de l’Orient Syriani, Youakim Moubarak, Éditions Cariscript. – Voici l’Époux ! – Introduction à la symbolique et à la mystique nuptiales, John Cannon, Éditions Anne Sigier. |
Testimonianza di Joumana
«Avendo abitato per due anni lontana dalla casa della mia comunità per motivi di studio, durante il primo anno ho dovuto occupare una vecchia camera ingombra di archivi nella casa dell’associazione che mi concedeva una borsa. All’inizio non mi ero accorta che questo disordine aveva un impatto sulla mia vita interiore, pensando che fosse condizionata unicamente dal cambiamento di Paese e di vita. L’anno successivo tuttavia ho potuto occupare un’altra camera libera divisa in due piccole «celle»: di una ho fatto un «oratorio» che decoravo in funzione dei tempi liturgici e dell’altra, ridipinta e rilassante, il luogo del mio riposo. Anche senza la presenza del Santissimo Sacramento, la «Presenza reale» riempiva il luogo: tutto è cambiato, contribuendo ampiamente a formare in me il perimetro del mio eremo interiore. Da quel momento cerco di prestare attenzione alla bellezza di entrambi gli spazi!
Il “Libro di Vita” è il testo fondante della spiritualità della Comunità. Puoi scaricarlo qui in italiano . La versione francese qui oppure puoi ordinarlo in francese da Editions des Béatitudes.