A scuola da San Giuseppe
Giuseppe ha svolto mirabilmente la sua triplice missione di sposo della Vergine, di padre adottivo del Figlio di Dio e di guida della sua Famiglia. Vi è forse una paternità umana più grande della sua? C’è donato come un’icona del Padre eterno. Fra il Padre e lui si è intrecciata una particolare complicità, quella della paternità. Gesù l’ha chiamato con lo stesso nome aramaico, «Abba», con il quale invocava suo Padre nel momento più drammatico della sua agonia (cfr. Mc 13,36). Jean-Jacques Olier l’ha sottolineato in modo suggestivo: «In Giuseppe Gesù guardava il Padre eterno come fosse suo Padre. Nella sua persona la Santa Vergine considerava lo stesso Padre eterno come il suo sposo.» Non esiste forse fra il Padre e Giuseppe uno stesso mistero di comunione come fra lo Spirito di Dio e Maria, giacché si legge: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.» (Lc 1,35) Giuseppe non sarebbe quindi in un certo senso l’ombra della potenza del Padre per Maria e suo Figlio?
L’uomo della notte
Bossuet scriveva anche che «Gesù è partorito in Maria affinché ella ce lo doni»; Egli è offerto «a San Giuseppe affinché […] Lo nasconda.» Donare e nascondere: due missioni distinte e complementari. Per il fatto che ci dona suo Figlio, la Madre di Dio è sotto gli occhi di tutti. Per il fatto che nasconde
il Figlio e sua madre, Giuseppe resta nell’ombra. Nasconde tanto quanto è nascosto. Chiamato «terrore dei demoni», egli è lo specialista della lotta nelle tenebre: egli li ha tutti elusi velando la verginità di Maria e nascondendo la divinità di Gesù. Per trent’anni ha protetto suo Figlio da un mondo ostile che in meno di tre anni Gli si è opposto e Lo ha messo in croce. Restare con Giuseppe significa pertanto garantirsi una protezione tenera, forte e rassicurante contro tutti i nostri nemici.
Il Santo Nome di Gesù
«Tu lo chiamerai Yeshu’a» (Mt 1, 21). Secondo il Vangelo il silenzio di Giuseppe è abitato dall’unico nome benedetto fra tutti attraverso il quale cresce la sua paternità: il Nome del Figlio di Dio, l’unico «nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).
Come Maria anche Giuseppe lo riceve per bocca dell’angelo. Come la sua sposa anch’egli l’ha sicuramente custodito sulle sue labbra e nel suo cuore. Ricevere il Nome è stato per lui un’esperienza rassicurante, una vera e propria risurrezione. In effetti il termine greco egeïreïn, scelto da Matteo (cfr. Mt 1,24) e che significa «destarsi, alzarsi», è lo stesso che viene utilizzato per la Risurrezione di Gesù. L’invocazione lenta, amorosa e continua del Nome ci avvicina così alla Santa Famiglia e al Padre. Essa ci fortifica, ci introduce in un silenzio attento e ci rende disponibili allo Spirito. In Yeshu’a «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,2-3).
Coraggio e fiducia
Giuseppe ha ricevuto forza e coraggio per affrontare la paura di non essere all’altezza di una tale missione. In effetti come poter essere padre di un tale Figlio, sposo di una tale Madre, lui che era un povero d’Israele? Sa di essere indegno ma vuole credere nella parola ricevuta. Ripone in Dio tutta la sua fiducia. Decide di combattere con Lui, mano nella Mano; supera i suoi timori e trova la pace del cuore. Il coraggio virile e la fiducia in Dio, indispensabili alla vita spirituale, sono due virtù da domandare a San Giusep-pe. Non si è forse adeguato alla volontà divina, rinunciando ai propri progetti?
«Colui che sta crescendo»
Il termine «Yôsèph» significa un’azione al futuro: letteralmente «chi sta crescendo». Giuseppe sarebbe quindi colui che sta crescendo.
Si è santificato in modo impareggiabile fra Maria e Gesù. E dal canto suo Gesù è diventato grande nelle sue mani (cfr. Lc 2,52). Giuseppe ha raggiunto la statura dell’uomo perfetto, nel quale il Padre si nasconde per accogliere suo Figlio, per circondarlo di tenerezza, per proteggerlo e per aiutarlo in tutti i modi a crescere. A 12 anni Gesù capisce che stare con suo Padre significa appunto stare con Giuseppe. «Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?» (Gen 41, 38)
Dato che Giuseppe, l’Ombra del Padre, è la condizione per la generazione e la crescita di Gesù, egli è anche la condizione della nostra crescita spirituale. Vivere accanto a lui con Maria significa imparare progressivamente a conoscere il Padre e nel contempo a lottare contro il male, contro tutto ciò che ci separa da Lui, contro tutto ciò che ci impedisce di vedere il Padre e contro tutto ciò che deforma o addirittura perverte la sua immagine.
Sottraendo
Secondo la Bibbia Yôséph è il participio presente del verbo «sottrarre». Egli sarebbe quindi colui che sottrae, ossia colui che separa, che mette al sicuro. Egli è in un certo senso il maestro della separazione e del lutto. Egli è pronto a obbedire e a lasciare tutto. Eppure non è facile! Giuseppe provoca l’allonta-namento dallo spirito del mondo e da tutto ciò che si oppone a Dio. È in questo senso che la Chiesa l’ha designato «Patrono della buona morte». Ci insegna a morire alla vanità, a rinunciare al nostro amor proprio per scegliere la volontà altrui. Egli nasconde ed è nascosto.
Maestro di orazione
«Non si viene al santo raccoglimento accettando, ma scartando», scrive Giovanni della Croce. È la caratteristica di Giuseppe, il silenzioso. Per stare alla presenza di Dio non è necessario aggiungere pensieri, ma toglierne con discernimento. Giuseppe ci insegna a eliminare e a sottrarre ciò che è inutile. Teresa d’Ávila invitava «colui che non avesse un maestro che gli insegni l’orazione prenda questo glorioso Santo come guida e non correrà il rischio di perdersi». Giuseppe è il maestro della vigilanza, del momento presente, della lotta contro le tenebre. È stato misteriosamente scelto da Dio per essere un passaggio verso il Padre per Maria e per Gesù stesso. Perché dovrebbe essere diverso per noi?
La citazione
«Soltanto nella sua persona San Giuseppe esprimeva le perfezioni adorabili di Dio Padre. Occorre una moltitudine di santi per rappresentare Gesù Cristo ma soltanto San Giuseppe rappresenta l’eterno Padre.»
Monsieur Olier
Per approfondireSoltanto per oggiScegli una bella icona di San Giuseppe (o una statua che ti piace) e contemplala. Avvicinati a lui con il pensiero e pregalo. La sua forza paterna ti protegge. Chiedigli il permesso di posare la tua testa sulla sua spalla e di rimanere un istante accanto a lui, fra le sue braccia. Ascolta bene ciò che vivi in quel momento. Il cuore rimane normalmente nella pace, ma è possibile che una tale preghiera penetri i meandri della nostra esperienza filiale e risvegli ricordi ed emozioni che possono turbare. Chiedigli di pacificare il tuo cuore e prendilo come padre adottivo. Letture– Joseph, ombre du Père, André Doze, EdB. – Joseph, gardien du Shabbat, André Doze, EdB. – Joseph, l’éloquence d’un taciturne: Enquête sur l’époux de Marie à la lumière de l’Ancien Testament, Philippe Lefebvre, Ed. Salvator. – Mystère de la paternité de saint Joseph, Daniel-Joseph Lallement, Ed. Téqui. – Vie et sainteté du juste Joseph, Daniel-Joseph Lallement, Ed. Téqui. |
Testimonianza
«Mentre mi trovavo in preghiera davanti a un’immagine di San Giuseppe fui improvvisamente e spiacevolmente disturbato, se non addirittura arrabbiato, nel vedergli un giglio nella mano invece di occuparsi di suo figlio Gesù. E pensavo anche che avrebbe fatto meglio a lasciarlo cadere per prendermi nelle sue braccia. Capii proprio in quel momento di pretendere da lui quel gesto perché non avevo mai sperimentato la tenera gioia di essere preso in braccio da un padre. Credevo che potesse sopperire a quel vuoto della mia infanzia, le cui conseguenze si facevano ancora sentire nel momento presente. E mi sono ricordato del mio nome di battesimo: «Francesco Giuseppe». La mia famiglia aveva preferito chiamarmi semplicemente «Francesco». Da quel giorno ho aggiunto il bel nome di Giuseppe, poiché è diventato per me come un padre adottivo con il quale intrattengo ormai una vera relazione filiale.»
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